lunedì 10 settembre 2012

Sempre uguale a mai.

Il sole batte la terra arsa e polverosa, senza lasciare a niente un barlume d'alito di vita. L'accenno vago di civiltà è dato solo da qualche orma vecchia e ormai solidificata di stivale.
Avrei giurato che in fondo a destra, dopo quel cumulo di rottami preda di sciacalli come lo ero io una volta, sorgesse il ranch dei Carlson, e la loro vasta piantagione.

Trattengo il fiato per alcuni istanti e lascio scivolare tutto all'interno di quel serbatoio di rimpianti che mi porto appresso, constatando quanto da un mese a questa parte abbia cominciato a farsi più che mai pesante.
Alla stregua di quegli uomini io non ho più casa.
Questo è Boros.

Rewind.

Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Ogni processo ricomincia sempre da capo, e a volte con le medesime meccaniche.
Mi chiedo se siamo andati davvero avanti o se il nostro è solo un continuo girarci intorno come dei cani intenti ad inseguire la triste illusione di poter, un giorno, riuscire ad afferrare la propria coda.
A volte semplicemente non ne abbiamo scelta.

Ho rivisto Zoya. Le ho chiesto scusa. Le ho regalato l'unica cosa realmente cara che possedevo e non è servito a niente. Lo sento ancora quel rancore, imprigionato nella morsa stretta di nervi saldi, di certo più dei miei. Non voglio che mi perdoni, non mi interessa, voglio che sappia.
Non sapeva niente di me, eppure ha deciso ostinatamente di amarmi. Come si può riuscire ad amare ad occhi chiusi? Come si può riuscire ad amare così incondizionatamente?
Davvero... vorrei che un giorno potesse insegnarmi a farlo. Credo che faccia soffrire.
Lei, almeno ha sofferto.

Anche Mughain rincorre la sua coda, una coda che ha un nome e un volto: Evah. Anche lei riesce ad amare incondizionatamente e ad odiare altrettanto. Li ho visti i suoi occhi pieni di rabbia, furia incontrollata, e la mia impotenza di fronte ad essi, difronte al fatto innegabile che di lei non so più nulla. Non so più se abbia smesso o meno di fare parte della sua vita e se mai io ne abbia in qualche modo fatto parte.
Andrò a trovarla al Tempio di Elèria. Devo sapere. Io non posso amare solo ombre.
E mi manca... forse se mi fosse rimasta accanto in questo periodo avrei evitato di cadere in tanti, troppi errori. E allo stesso tempo detesto l'idea di dover dipendere da lei. Di non riuscire a cavarmela da sola senza che qualcuno come lei mi prenda per mano e mi indichi la strada.
Vorrei tornasse. Vorrei che si facesse sentire e vorrei che mi restituisse quel pezzo di me che le ho donato inconsciamente o meno.

In fondo anch'io inseguo la mia coda, però mi sembra che adesso ci sia arrivata più vicina del solito. Insomma.. svuotarsi l'anima non è decisamente da me, eppure con Neville l'ho fatto.
E' strano che dopo così tanto tempo abbia così poco da scrivere su di lui, ma non mi servono parole, non adesso che lo sento così vicino.
La certezza di questi piccoli rituali: la sua mano, il sibilo del motore, l'umidità del mattino, il suo sorriso bianco quando mi accorgo che è intento a guardarmi mentre fingo di dormire e ho la faccia ancora tutta stropicciata nel cuscino. Le nostre litigate tempestose che non culminano mai in nulla di veramente utile, ma che ogni volta sembrano stringerci l'uno all'altro in una morsa di quelle che più ti divincoli e più non riesci a tirartene fuori.
Ora so cosa vuol dire amare. Ed è strano perchè solitamente so solo quello che non voglio.

Eppure torno a girare in circolo, senza pace. Gli occhi azzurri con cui mi ha guardata mi hanno sconvolto. Mai vista tanta purezza innocente da infante e tanta cattiveria incoscente insieme, sotto la barba acuminata e quell'odore che sa di dimenticato dal tempo. Sa di mare. E' salato e pizzica sulle ferite, eppure è di sollievo e conforto nel suo costante ed immutabile ondeggiare. Ed è selvaggio e mite, dolce e spietato. Non ti lascia scampo se non sai nuotare o almeno stare a galla. E la salsedine. Quella te la lascia addosso e non si toglie nemmeno dopo quattro, cinque docce perchè ti senti ancora troppo sporco, troppo poco degno di portarla addosso.
Maledico quegli occhi e maledico me per averli guardati, per esserci naufragata dentro come non avessi avuto scialuppa o isola dove tornare.
So che il richiamo del mare mi porterà a se ancora, quando avrò voglia di viaggiare o solamente di andare lontano.

Ma io un'isola ce l'ho.
Un porto sicuro su cui approdare quando quella sete di vento mi trascina via nell'irrequietezza di un vorticare su me stessa che non mi porta da nessuna parte. Sempre e solo uguale a mai.