sabato 14 luglio 2012

Thaw.


Il modo tuo d’amare
è lasciare che io t’ami.
Il sì con cui ti abbandoni
è il silenzio. I tuoi baci
sono offrirmi le labbra
perché io le baci.
Mai parole e abbracci
mi diranno che esistevi
e mi hai amato: mai.
Me lo dicono fogli bianchi,
mappe, telefoni, presagi;
tu, no.
E sto abbracciato a te
senza chiederti nulla, per timore
che non sia vero
che tu vivi e mi ami.
E sto abbracciato a te
senza guardare e senza toccarti.
Non debba mai scoprire
con domande, con carezze
quella solitudine immensa
d’amarti solo io.
[Poeta della Terra-che-fu]



Ci siamo detti tutto quello che eravamo in grado di dirci, pur senza parlare. 
Ci siamo divorati, divorando il tempo. 
Ci siamo uccisi a vicenda, e a vicenda ci siamo dati la vita. 
Cosa ci resta, adesso se non un domani, che spero migliore. Insieme.
Non vuole lasciarmi, ed io non sto fuggendo. Non riesco a credere di avere trovato la pace. Non riesco a credere di averla trovata proprio in lui, in quell'uomo gentile, in un equilibrio che non è mai del tutto un equilibrio, eppure stabile e quasi prevedibile. A volte spietatamente. 
Ed io cosa sono? Cosa posso dargli se non me stessa? Una bambina capricciosa che non sa mai quello che vuole, o che vuole troppe cose e se le prende tutte senza chiedere il permesso. Tutto e subito, sempre. Mai contenta. Infelice per natura. Eternamente in lotta contro il 'Verse intero, contro se stessa. Confusa, fin troppo, nel pozzo senza fondo della mia incommensurabile ignoranza in fatto di affetto.

"Tu sei fatta di paura."

Ho avuto paura, non lo nego. Ancora ogni tanto mi chiedo cosa lo spinga a restare, a non lasciarmi stare nella mia solitudine, a crogiolarmi in quei difetti che non riuscirò mai a risolvere.
Ho avuto paura, perchè ogni giorno perdo il controllo sempre di più, i miei pensieri sfuggono via dalle labbra alla prima occasione. E sono sincera, fin troppo e fin troppo spesso.
Ho avuto paura perchè ieri ero sul punto di snudarmi del tutto. Sono riuscita a salvarmi in calcio d'angolo con l'orgoglio che ribelle mi si agitava dentro il petto.
Ho un'immagine in testa, da un paio di giorni, mentre annego con lo sguardo nelle sue rughe d'espressione e le labbra sull'incavo duro tra collo e mascella, nutrendomi di quell'odore che ho fatto mio. Lui, che mi prende per la mano, mentre attraversiamo un grande giardino pieno di rovi pungenti. Sanguiniamo, eppure non sentiamo alcun dolore, perchè quella stretta è salda e forte, e sappiamo che entrambi possiamo lottare, che l'unico modo per arrivare al dilà del giardino è tenerci per mano. Entrambi abbiamo provato a mollare la presa, ma ogni volta che l'abbiamo fatto, le spine si sono conficcate sempre più in fondo nella carne.
Ogni volta che siamo soli è un passo avanti verso il vuoto, l'ho sentito premere più e più volte e farsi spazio nello stomaco scavando tra le viscere, verso ciò che non sono ancora del tutto riuscita a carpire a pieno. Sentivo quanto fosse stanco di inseguirmi, su quel baratro, e quindi ho mosso un passo verso di lui, lasciandoci entrambi cadere di peso. 
Le sue braccia non sono mai state così confortevoli e per un solo istante, uno infinitesimale, ho persino abbandonato la paura di morire, di perdere e di perderlo.
Il resto si fa piccolo, perde di importaza, sparisce, assume connottati ovattati, imprecisi. Ogni piccola goccia d'odio, di rancore, di rabbia, di vendetta. Ogni singola goccia scivola su di me come pioggia in mare, perdendosi nel nulla dell'irrisorio, nel dimenticatoio, insieme a tante delle mie paure, quando nulla è mai stato così grande. 

Amore.

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