domenica 2 giugno 2013

Face to Face


Eppure, apprendere la gentilezza, dopo tanta poca gentilezza,
capire come una donna con più coraggio di quanto creda, trovi le sue preghiere esaudite,
non può chiamarsi felicità?


Era raro che riuscisse a provare un sentimento d'empatia così radicato verso qualcun'altro che non fosse se stessa e i suoi fantasmi, quelli che aveva imparato a portarsi sulle spalle, quelli che aveva imparato a chiudere nell'abisso della dimenticanza, nelle sue viscere, lontano dallo sguardo troppo invadente di un'amica, lontano dallo sguardo troppo preoccupato di un padre in cerca di soluzioni.
Ora poteva vederli, gli occhi blu di quella donna, e trovarli differenti dai propri solo per quella sfumatura netta di colore.
Le aveva sparato addosso senza pietà, ed ora la guardava inerme, rabbonita da un cocktail di farmaci che avrebbe potuto stendere anche un cavallo, mansueta e quasi serena nelle coperte di cotone che la cullavano.
La serenità, quella l'aveva cercata tante volte, nelle braccia degli uomini sbagliati o tra le fredde mura in metallo della Stazione. Si ritrovava spesso e volentieri su quella terrazza a ripensare al passato, ad un passato che le sembrava tanto assurdo da non sentirlo suo, probabilmente non l'ha mai creduto veramente suo, ed è per questo che le era scivolato lentamente dalle dita insieme a tutto il resto.

Aveva ripreso lentamente coscienza e il primo pensiero era stato quello di coprirsi il volto con le mani.
Hannah Starker aveva la pelle del viso completamente deformata dalle ustioni, lucida e tirata talmente tanto che la bocca le si è piegata per sempre in un ghigno storto vagamente macabro. 
La osservo dall'alto, incurante della soggezione che so di provocarle, guardandola in quel modo tanto diretto da risultare invadente. Sfacciato.
Non provo disgusto per lei o per le cicatrici che si porta addosso. Provo disgusto per quel che ha fatto, ma c'è qualcosa, dentro di me, che mi impedisce di biasimarla davvero.

-Non coprirti, Hannah. Non devi, difronte a me.- provai a rassicurarla, con garbato distacco.
-...non posso, io... non posso...- biascicava una risposta campata in aria e cercava il cotone delle coperte, scivolando su un fianco per darmi le spalle, ficcando la testa sotto il cotone caldo come fanno gli struzzi nella sabbia.
-Hai ucciso delle donne, Hannah. Hai avuto il coraggio di farlo.. sapendo a cosa saresti andata incontro.. e non hai il coraggio di sostenere il mio sguardo. Forse ti ho sopravvalutata.

Ma non riuscivo a fingere distacco. Non abbastanza.
Quel viso deformato è l'emblema di quel che siamo, tutti. 
Si diventa Mostri, lentamente.
Lo Skyplex ti succhia l'anima. Ti cambia, profondamente. Divora dall'interno, fin quando quell'ultimo briciolo d'umanità non è stato sostituito. 
Più profitto. Più guadagno. Più lavoro. Più.. più..più. 
E così si finisce col credere che l'essere "più" possa renderci più forti, in grado di sopportare ogni sacrificio, in grado di incassare ogni batosta, in grado persino di ignorare ogni dolore. 
Come supereroi che combattono per una causa sbagliata, noi non abbiamo tempo, non abbiamo spazio, non abbiamo limite. 
Noi siamo Infinito, ma siamo Niente.Macchine piene di nulla.

-Meritava di morire.. chi ti ha fatto questo. Non quelle donne. - e mi sembra di rivedere la me di qualche tempo fa. Molly ed Anya. Neville. Gli spari. Il buio. La solitudine dell'Odio.
Non parlava. Evitava di rispondermi, o forse quella brutta cicatrice le aveva tolto la possibilità di articolarsi in modo chiaro. Decido di colmare il vuoto ponendo domande di cui conosco già la risposta.

-Cosa si prova, Hannah? 
Provi rabbia, odio. Soffri, ma sai che sei sola, sai che a nessuno importa e che puoi contare solo su di te e sulle tue gambe per continuare a camminare. Sai che non avrai più una vita normale, un amore normale, un giorno normale, e non sai più chi sei, ma solo cosa vuoi. E quello che vuoi è trascinare gli altri nello stesso baratro in cui sei stata costretta tu, convinta che quel vuoto incolmabile un giorno, potrà tornare ad essere riempito.
Sei sola, Hannah. Nessuno sa cosa provi. Io stessa non potrei mai immaginarmi... così.
Eppure tutti abbiamo perso qualcosa, che fosse un pezzo d'anima o un pezzo di cuore, o la fiducia negli essere umani o la Speranza. Ogni uomo semina alle sue spalle qualcosa che non tornerà mai indietro a riprendersi, scippato o meno dalle mani di qualcun'altro. Ed ogni cosa perde d'importanza. 
Che sia giusto o sbagliato non importa, perchè per chi ha sofferto, Giusto e Sbagliato, Bene e Male, sono solo parole.
Due gemelli muoiono nel Core, e si chiama subito alla strage. 
Dieci padri muoiono nel Rim, lasciando altri due gemelli a crescer soli in strada, e tutti gridano estasiati invocando l'Unificazione. Che buffa ipocrisia che è la vita..
Ha forse una vita più valore dell'altra, Hannah? Io non lo credo. Ma ci sono vite che hanno valore per me, ed altre che non ne hanno. 
Questo, forse, mi rende meno Mostro di te? -
sorridevo, con una punta d'amarezza.

-Siamo tutti Mostri, Hannah, impegnati in una danza fatta di maschere e scheletri nell'armadio.
E quando non hai più voglia di danzare, che decidi di farla finita. E so che questo non è il tuo caso. No. Tu ami la vita. La ami proprio perchè eri ad un passo dal perderla. La ami proprio perchè sai che forse parte di essa l'hai perduta quando hai perso la bellezza.
E allora vivi, Hanna. Non averne paura. Nessuno danza troppo a lungo da solo senza rischiare di prendersi del matto o di diventarlo. Danza con me. O danza con chi vuoi, ma non-farlo-da-sola. Te ne pentiresti.

C'è più gentilezza in questo Verse di quanto il tuo cuore possa ancora credere e sostenere.




Nessun commento:

Posta un commento